Ricordo del Maestro Rubino Profeta

Avrebbe voluto rappresentare a Nola il ”Mosé in Egitto,,di Giovanni Paisiello

Non è soltanto per la grande amicizia da cui eravamo legati che voglio parlare in questo giornale del Maestro Rubino Profeta, scomparso a Napoli il 3 gennaio 1985, ma anche per un episodio che in qualche modo lo ricollega nel mio ricordo a Nola. Non so se Profeta avesse mai avuto con Nola dei rapporti; intanto il primo dei suoi maestri al Conservatorio di San Pietro a Majella era stato quel Daniele Napoletano che, come è noto, era nativo di Saviano. Certo è che la sera del 14 dicembre 1984, a Napoli, in occasione della festa rotariana degli auguri all'Hotel Vesuvio Profeta parlò a lungo di Nola con Antonio Miele e con me; e ci domandò, quasi con insistenza se la città, non certo impreparata a iniziative musicali, fosse in grado di ospitare in una delle sue chiese la rappresentazione d'un oratorio sacro. Profeta pensava al Mosè in Egitto di Giovanni Paisiello da lui ritrovato nella biblioteca del Conservatorio di Napoli ed eseguito, dopo la sua revisione, a Taranto città natale di Paisiello il 26 marzo 1984.

E’ risaputo che Rubino Profeta la cui notorietà resta legata sopratutto all'attività di compositore aveva acquistato un'autorità indiscussa come musicologo rivelando la genialità del precursore nella riscoperta di opere liriche dell'ottocento italiano cadute in oblio.

La sua passione più grande era stato Donizetti del quale aveva fatto rivivere opere dimenticate come il Roberto Devereux il Belisario la Caterina Cornaro il Diluvio universale la Sancia di Castiglia. Ma anche alla riscoperta di musica del settecento aveva dedicato negli ultimi anni una cura particolare. Il ritrovamento e la revisione del Mosè in Egitto erano stati appunto una delle sue ultime e più felici fatiche.

Perché mai Profeta che avrebbe potuto presentare più agevolmente a Napoli (come del resto aveva già fatto altre volte) i risultati delle sue riscoperte desiderava farlo in una città minore? Perché pensava che la possibilità di frequentare una sala da concerto non dovesse restare il privilegio di pochi; e credeva che i confini della cultura musicale non si sarebbero allargati se si fosse continuato a riservare la buona musica come accade in Italia e soprattutto nel meridione solo ad ambienti ristretti.

Profeta riteneva oltre tutta che una piccola città carica d'un passato di cultura e ricca di monumenti finisse per rivelarsi la sede più adatta a ospitare certe manifestazioni musicali. E aveva ragione. Pensino per esempio i lettori nolani alla chiesa barocca di S. Chiara della loro città, edificata su disegno di quel grande architetto che fu Ferdinando San Felice e si domandino se (a parte si capisce gli effetti del terremoto non ancora cancellati) essa non sia la cornice migliore per un concerto di musiche proprio di quel settecento napoletano che resta uno dei capitoli più ricchi e prestigiosi della nostra storia musicale.

Il 1985 come si sa è stato proclamato l'anno musicale d'Europa. Ricorre quest'anno il tricentenario della nascita dei tre grandi musicisti europei Giovanni Sebastiano Bach, Giorgio Federico Handel e Domenico Scarlatti: quest'ultimo gloria napoletana. Io spero che Nola vincendo l'inerzia culturale di cui le si fa addebito non lasci passare sotto un mortificante silenzio questa ricorrenza. Non dimentichi la città d'essere la patria di Ambrogio Leone che fu giudicato dal grande Erasmo da Rotterdam «non solo ottimo conoscitore ma anche coltissimo di musica» e di quel Gian Domenico Del Giovane (1510 c. - 1592) ricordato appunto come Gian Domenico da Nola il quale con le sue Vi1lanelle scrisse pagine ancora oggi tutt’altro che dimenticate della migliore musica italiana del Rinascimento.

Guido Belmonte

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