PAESE SERA Sabato 5 gennaio 1985

La scomparsa di Rubino Profeta

L'esemplare figura

di un maestro

 schivo

Il grande debito della cultura napoletana

di MARINA MAYRHOFER

ha colto tutti di sorpresa la triste notizia della scomparsa di Rubino Profeta. Personalità di rilievo del mondo musicale contemporaneo egli fu figura esemplare della nostra cultura, per un'attività che lo im­pegnò in campi diversi con eguale prestigio.

Fino a poco tempo fa lo si incontrava al S. Carlo, dove continuava a prestare la sua preziosa collaborazione artistica. Il Massimo napoletano deve a lui un momento di cruciale impor­tanza nella sua storia. Fu infatti Rubino Profeta il promotore di quella "renaissance" donizettiana che da Napoli si adottò in tutti i teatri d'opera del mondo, favorendo la scoperta di voci indimenticabili. Opere come «Anna  Bolena», «Lucrezia Borgia», «Gemma di Vergy», «Duca d'Alba» appartengono, oggi, al repertorio più consueto, dopo essere rimaste dimenticate a lungo.

Il Maestro napoletano, di cui oggi piangiamo la scomparsa fu all’origine di quell'operazione culturale che ha portato la nostra città al centro dell'attenzione internazionale, riproponendo il S. Carlo in quei circuiti che prima sembrava aver perso.

Nei dieci anni di direzione artistica egli svolse un operato memorabile sul versante organizzativo e su quello, più specificamente, musicale. Di supporto gli fu il lavoro, in prima persona, di musicista, come didatta e compositore sensibilissimo. In merito, egli ha lasciato numerose testimonianze.

Basterebbe già citare il suo contributo al genere operistico che fa capo a due opere, «Lorenzo de Medici» e «La guardia alla luna», dove gli sperimentalismi in quegli anni correnti risultano sempre temperati da un gusto e una proprietà di scrittura che affondano le radici nella più illustre tradizione di scuola napoletana.

Fu ampiamente attivo anche nell'ambito della musica strumentale, distinguendosi nel '67, come vincitore del premio «Gigli» con un suo Trio.

Scrisse, inoltre, concerti per pianoforte, violino c violoncello dimostrando sempre un profondo senso della strumentazione, esperita in ogni sua possibilità timbrica e armonica.

Anche nell'ambito della musica da camera, dove si cimentò con molte composizioni, diede prova di un rigore musicale ineccepibile.

Oltre che a Donizetti egli rivolse la sua attenzione anche a Rossini, di cui, tra l'altro, curò la revisione di «Zelmira». Ma sempre egli, ch'era uomo schivo, di grande modestia e riservatezza, pur tra tanti meriti, intese contribuire col suo lavoro infaticabile, che lo portò a fama europea, a tener alto il prestigio della sua città.

In questo senso esemplare fu la sua attività di giornalista (fu critico musicale de «Il Tempo» e del «Corriere di Napoli» e di direttore e poi consulente artistico del S. Carlo.

L'amore ch'egli dedicò a Napoli lo espresse col suo alto magistero artistico e, oggi, la città lo ricorda  con commozione intensissima e memoria incancellabile, consapevole d'essere debitrice d'imperitura gratitudine.

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