PROFILO - Rubino Profeta, napoletano e musicologo

«Oggi, i maestri

si preferisce contestarli»

 

A chiamarlo maestro, sembra quasi s'indispettisca.

 

«I maestri, dice, le nostra epoca preferisce contestarli. Ti spiego. La funzione primaria del maestro è l’insegnamento creare dei proseliti. Oggi invece si giustifica solo il proselitismo politico. Gli allievi, in dipendenza del tuo schieramento ti accettano o meno».

Dette da lui queste parole assumono un aspetto emblematico. Quasi una chiara traccia del tessuto connettivo della nostra scuola, dalla quale il vecchio professore è stato strappato a: forza per far posto all'incaricato di partito.

Glielo dico e si rizela. «Non dimenticare che la politica è necessaria perché aiuta a conoscere le realtà sociali in cui si vive»

A sentirlo si direbbe che è un professore. E’, invece, un musicista anche se ha la cattedra di Armonia al Conservatorio. Rubino Profeta, 70 anni, una testa pirandelliana, lo sguardo ad un tempo deciso ed ironico, toglie con gesto rapido gli occhiali e li appoggia sullo spartito Sancha di Castiglia, una vecchia opera di Donizetti da lui revisionata. «Vedi, mi dice, anche questa è politica». Poi sorride. «Non voglio tediarti sono solo un vecchio inguaribile socialista». Vecchio lo si direbbe poco. A vederlo tracciare note su note con mano sicura, c'è da rimanere strabiliati. Questa Sancha di Castiglia, ripescata fra migliaia di scartafacci musicali, è una prova della sua caparbietà. Qualche pagina andata distrutta, arbitrarie annotazioni musicali fatte chissà da chi e quando, ritrovare il nesso filologico che ha condotto Donizzetti alla prima stesura del dramma, è stato uno stimolo troppo grande. Fra tanti teatri che volevano attribuirsi il merito di ripresentare l'opera, ha preferito il San Carlo.

Sancha di Castiglia inaugurerà, infatti, la stagione sancarliana 1982/83. Ma non è il solo titolo che si deve alla sua perspicace opera di indagatore. Roberto Devereux, Belisario, Caterina Cornaro, Gemma di Vergy, il Diluvio Universale tutte di Donizetti, Zelmira di Rossini, Stiffelio, di Verdi, Saffo di Pacini, Elisa e Claudio di Mercadante, Zaira di Bellini e Jone di Petrella, sono i risultati di un'attenta ricerca condotta nel vasto patrimonio musicale ottocentesco. Del resto i cinquant'anni che ha dedicato alla musica sono densi di un'attività ricchissima.

Per il teatro ha scritto Lorenzino de’ Medici su testo di Vittorio Viviani, La Guardia alla Luna libretto di Massimo Bontempelli, i balletti La Nascita della Primavera e il Brutto Anatroccolo, un Concerto per Pianoforte e Orchestra, La Crocefissione per soli coro e orchestra, Preludio epico per orchestra, Suite per archi, numerose Sonate, alcune Liriche, un Requiem per coro e orchestra, una Messa per coro e organo ed altre cose minori.

Critico musicale prima de «Il Tempo», poi del «Corriere di Napoli», ha svolto un’intensa opera di scrittore collaboratore con numerose riviste italiane e straniere.

La sua attività sancarliana è la cosa che tiene di più a ricordare. «ho trascorso più di vent’anni nel San Carlo, prima come collaboratore di Di Costanzo, poi come direttore artistico dal 1972 al 74». Questo periodo lo ricorda con nostalgia.

Con tutte le carte in regola per essere un ottimo manager artistico – Rubino Profeta non ha pretese di direzione orchestrale – fu costretto a dimettersi da una serie di vicissitudini manovrate da spietati giochi di potere. Su ciò che occorre per ridare al tetro un nuova spinta, non usa mezzi termini. «Un rinnovo deve esserci proprio perché l’enorme schiera di giovani che si sta riaffacciando nelle platee, non si riuscirà ad incantarla con ciò che si produceva cinquant’anni fa». «Ma attenzione, continua Profeta, a nessun costo deve trattarsi di dissacrazione. Si otterrebbe un effetto contrario, nocivo alla buona propaganda di cui necessita sempre il teatro».

Sul problema del rinnovo delle strutture non ha dubbi. «Sono convinto, ha affermato, che qualsiasi organismo sia in condizioni di rendere, purché a capo di ciascuno di questi figuri gente decisa, capace e dotata di buona volontà».

Attuale consulente artistico del Massimo napoletano, Rubino Profeta che ha attentamente studiato anche il fenomeno dei doppi incarichi orchestre-conservatori, auspica una soluzione che consenta la presenza nelle istituzioni musicali di quegli insegnanti che con la loro indiscutibile pratica fatta proprio nei teatri, possano garantire la formazione di elementi seriamente preparati a rinnovare i quadri professionali. «Basterebbe, ha detto, un unico provvedimento che contemplasse l’insegnamento come parte integrante della professione. E’ ovvio, ha proseguito, che questo richiederebbe anche una diversa forma contrattuale».

Napoletano di verace estrazione, Profeta stempera il suo naturale ottimismo in una leggera vena di malinconia. «Ricordo le stagioni degli anni ’60. Venti opere, due balletti e due operette ogni anno. Il San Carlo era una fucina di instancabile produzione. Caterina Ismailova di Shostakovich ebbe qui il suo battesimo così come il Semion Kotcho di Prokofief».

Ha un attimo di esitazione e mi inserisco. «So che la "Jone" di Petrella ha riscosso un successo straordinario a Caracas». «Si, afferma, e non capisco come un'opera che ricorda gli ultimi giorni di Pompei, non ha trovato in occasione delle manifestazioni dedicate all'antico luogo di delizie romano per la sua naturale sede di rappresentazione».

Il sorriso si riaffaccia di nuovo negli occhi ma è solo un leggero fremito. «Vedi, mi dice, in un altro paese mi avrebbero fatto commendatore e pensa, dice celiando, non sono neanche cavaliere».

Mi lascia con un sorriso divertito.

«Te la immagini una decorazione sul mio petto». Poi aggiunge «Preferisco di più sfoggiare il mio lavoro in teatro se riuscirò a rimanerci».

Aldo Masella

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